Ambulanti, Zattini: «Basta polemiche inutili sul rinnovo delle concessioni, ecco le nostre proposte per rilanciare i mercati»
Il Presidente di Anva Confesercenti Genova interviene nel dibattito sul rinnovo delle concessioni su aree pubbliche con la richiesta di mettere un freno alle polemiche e lanciando una serie di proposte, a cominciare dalla creazione di un fondo di rotazione regionale per le imprese che vogliono regolarizzarsi e da una ristrutturazione della rete dei mercati.
Roberto Zattini, Presidente di Anva Confesercenti per la provincia di Genova, interviene nel dibattito sul rinnovo delle concessioni su aree pubbliche con la richiesta di mettere un freno alle polemiche e adoperarsi, piuttosto, nel trovare una soluzione condivisa ai problemi degli ambulanti senza perdere altro tempo, mancando solo due mesi alla scadenza delle stesse.
«L’intesa tra Stato e Regioni che ha sancito i criteri per il rinnovo delle concessioni, fissandone la scadenza al 2017, risale a quattro anni fa: per cui nessuno oggi può dire che non sapeva.
Non ci sono scuse – spiega il rappresentante degli operatori –. Restano ora due mesi per fare quello che non si è fatto a partire dal luglio 2012, per il bene delle imprese e delle loro famiglie.
Basta rimpalli di responsabilità, c’è da lavorare per le centinaia di persone che vivono grazie ai mercati, per l’indotto che i mercati portano, per la socialità che contribuiscono a creare nelle nostre città.
«Più che un tavolo di monitoraggio, serve una cabina di regia a livello di ciascuna provincia con comuni, regione e associazioni di categoria per affrontare i problemi di applicazione delle procedure.
Affermare che le amministrazioni locali non possono rinnovare le concessioni per il blocco del turn-over è inaccettabile perché, tolta Genova, ci sono da rinnovare solo alcune decine di concessioni in ciascun comune. Il capoluogo ha certamente un problema specifico rispetto al resto della regione ma se, si vuole affrontarlo seriamente, occorrono misure concrete.
«Anzitutto, la creazione di un fondo di rotazione regionale per le imprese che vogliono regolarizzarsi. Perché chi non paga i contributi difficilmente è “bancabile” e, anche davanti alla garanzia dei confidi, non ci sono istituti di credito che abbiano messo un plafond a disposizione.
«Serve poi una ristrutturazione della rete dei mercati, a cominciare da quelli di periferia che sono ormai alla canna del gas e sarebbe meglio accorpare o, in alternativa, spostare in collocazioni commercialmente più appetibili nelle zone limitrofe. Altrimenti, condanneremo questi mercati ad un’agonia lenta ma inesorabile.
«Vanno poi limitate le manifestazioni straordinarie di carattere mercatale: ci sono troppi mercatini, molto spesso giustificati solo dal lucro degli organizzatori. Un far west a cui va opposta una programmazione compatibile con le esigenze del territorio.
«I canoni di occupazione suolo sono troppo elevati e non un euro di quanto incassato dalle amministrazioni viene speso per la manutenzione delle aree mercatali.
Il risultato è che spesso ci tocca lavorare tra buche, pozzanghere e quant’altro, per non parlare del fatto che in tutta la Liguria non esiste un’area mercatale attrezzata con punti luce e servizi igienici per gli operatori.
Perché non estendere anche ai mercati di merci varie quanto previsto dal Comune di Genova per i mercati coperti, ovvero l’utilizzo di una parte dell’occupazione suolo per la manutenzione?
«Possiamo pensare a sperimentare su qualche mercato orari diversi dagli attuali. Ha senso iniziare alle 7 e finire alle 13 quando è chiaro che la stragrande maggioranza dei lavoratori non può frequentare il mercato e si costringono i residenti a non parcheggiare sulle aree mercatali? Vale la pena capire se invece iniziando un po’ più tardi, e finendo dopo, non si riesca ad intercettare altre fasce di clientela.
«Speriamo davvero che ci sia la volontà da parte di tutti, anche degli operatori, di collaborare e di uscire da questo pantano, altrimenti il risultato sarà solo un immenso danno per una categoria già fortemente in difficoltà e per la quale troppo spesso il concetto di impresa in difficoltà si confonde con quello di abusivo, realtà che è ben distante da chi è titolare di una concessione ed è tracciabile in qualsiasi momento, nonché vessato da tasse e burocrazia».