Vai al contenuto
Home » Presentata ai Gruppi Parlamentari una proposta di emendamento per la modifica Decreto Cultura

Presentata ai Gruppi Parlamentari una proposta di emendamento per la modifica Decreto Cultura

Questa mattina, facendo seguito alle preoccupazioni sorte dopo l’approvazione all’interno del Decreto Cultura di un articolo che con uno stravolgimento delle procedure concede ai Direttori delle Soprintendenze Regionali la facoltà non solo di esprimere pareri ma addirittura di intervenire con provvedimenti di revoca delle concessioni, togliendo ai Sindaci le prerogative di controllo e gestione del territorio ed agli impegni presi con la categoria e con numerosi interlocutori tra cui il Sindaco di Verona Tosi,  Anva tramite il proprio Ufficio Legislativo e di concerto con l’altra Associazione di categoria, ha provveduto a presentare alla Commissione del Senato, che discuterà il Decreto di Stabilità a partire da giovedì 7 novembre, una proposta di emendamento abrogativo del “famigerato” Art. 4 bis del Decreto Cultura.
Abbiamo ricevuto assicurazioni dai gruppi del PD, PDL, LEGA, 5Stelle che vi dovrebbe essere una condivisione di massima a questa nostra richiesta.
Troverete qui allegato il testo della proposta e le relative motivazioni.

[divider]

Senato della Repubblica

AS1120

Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale e pluriennale dello

Stato (legge di stabilità 2014)

 Emendamento

 COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE E TUTELA DEI BENI CULTURALI

 All’Articolo 9, dopo il comma 27 è inserito il seguente:

“28. L’Art. 4-bis del Decreto Legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito dalla Legge 7 ottobre 2013, n. 112, recante “Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”, è soppresso.”

 MOTIVAZIONE

L’Art. 4-bis della Legge 7 ottobre 2013, n. 112, di conversione del D.L. 8 agosto 2013, n. 91, recante “Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo” (c.d. “Decreto Cultura”), è intervenuto sull’Art. 52 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aggiungendo, dopo il comma 1, un comma 1-bis.
La norma demanda alle Direzioni Regionali per i Beni Culturali e Paesaggistici e alle Soprintendenze, sentiti gli Enti Locali, l’adozione di “apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attività ambulanti senza posteggio, nonché, ove se ne riscontri la necessità, l’uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico.”.
Si tratta di una norma di dubbia legittimità, passata quasi in sordina, che mette a rischio tradizioni, cultura e storia del commercio e della somministrazione all’aria aperta, quasi che tavolini o banchi di mercato rappresentino intrinsecamente un elemento di degrado.
La tutela dei Beni Culturali è attività legittima e doverosa; ma interpretarla come un’occasione per contrastare “l’esercizio del commercio al dettaglio” su suolo pubblico non è solo una forzatura illiberale, ma anche un intervento controproducente: il Decreto Cultura, così come è formulato, non tocca l’abusivismo, vera piaga delle nostre Città, ma mette a rischio 75mila imprese tra pubblici esercizi e attività di commercio su area pubblica. Un colpo gravissimo all’economia turistica italiana, che avrà conseguenze sia sull’occupazione (157mila posti di lavoro potrebbero essere improvvisamente cancellati), sia sul gettito fiscale generato dalle imprese dei settori coinvolti (210 milioni di euro).
Già da tempo i Comuni detengono tutti i poteri in relazione ai quali possono individuare le aree “di pregio” nelle quali vietare o sottoporre a condizioni l’esercizio del commercio quando ritenuto con esse incompatibile. Dal 2008, poi, le determinazioni dei Comuni sono comunque prese “sentito il soprintendente”.
L’emendamento propone la soppressione della norma, permanendo comunque nell’ordinamento vigente tutto l’apparato di disposizioni che consentono agli Enti competenti un ordinario controllo del territorio a garanzia dei beni culturali.